Sottoponendosi a specifici test di diagnostica biomolecolare oggi un paziente che lo desideri può verificare la presenza o la predisposizione alla malattia parodontale.
Questi test, frutto della ricerca sul DNA, permettono di analizzare:
- Il DNA del paziente e la sua predisposizione alla malattia parodontale.
- Il DNA dei batteri presenti nel cavo orale del paziente per capire se si tratta di specie associate a particolare virulenza della infezione gengivale.
Considerando che l’ereditarietà ha un ruolo importante in più del 50% dei pazienti affetti da malattia parodontale, il primo test è indicato per:
- Pazienti con evidenza clinica di patologia parodontale – dove la positività al test è considerata un fattore di gravità della malattia, conseguenza di una risposta infiammatoria “eccessiva” per iperproduzione di citochine.
- Pazienti candidati alla riabilitazione con impianti – dove l’ identificazione dei geni che controllano o modificano aspetti della risposta immunitaria può fornire un metodo di individuazione dei pazienti con rischio elevato di peri-implantite.
- Pazienti senza evidenza clinica di patologia parodontale, ma con familiarità di malattia parodontale – dove il test serve a conoscere se il paziente ha ereditato, fra l’altro, anche la suscettibilità alla malattia.
Il test sul DNA batterico è invece consigliabile per tutti i pazienti con patologia parodontale in atto, specialmente in presenza di tasche parodontali. Dal materiale biologico presente nelle tasche gengivali è possibile determinare la presenza di diverse tipologie di germe.
In conclusione, test positivi sul DNA, oltre a permettere una prognosi sulla gravità della malattia o la sua evoluzione, rappresentano soprattutto una leva al cambiamento dei comportamenti igienici, in particolare di soggetti giovani con ereditarietà, che potrebbe evitare la malattia in età più matura.